La chiesa di San Rocco di Nasari era originariamente intitolata a Santa Maria. Si è certi della sua esistenza sin dal 1300 ( cfr. P. Sella, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV , Roma 1944 ) e che in essa si officiasse in rito greco. Come risulta dalla relazione che l'arciprete di Castroreale Giovanni Cutrupia compilò su richiesta di Mons.De Vidal, arcivescovo di Messina, detta chiesa aveva due porte, una sagrestia e la casa per il cappellano. All'interno esistevano otto altari, tre frontali, uno dei quali dedicato a Sant'Anna, mentre quello maggiore recava il quadro di Santa Maria di Nasari, ed altri cinque lungo la navata, dedicati rispettivamente al SS.Crocifisso, alle Anime del Purgatorio, a Santa Caterina d'Alessandria, a San Rocco ed alla Madonna dell'Idria. I lavori di ristrutturazione, effettuati nel 1999, hanno riportato alla luce l'antico pavimento in cotto, un pozzo ossario e tre cripte, della cui esistenza era notizia nel libro degli esiti della stessa chiesa, relativo agli anni 1756 - 1806.

(Testo M.R.Naselli)

 

Storia - Patrimonio Storico Artistico

Anime del Purgatorio

Anime del Purgatorio

 IGNOTO (secolo XVII-XVIII)

Olio su tela chiusa entro cornice lignea indorata con sagomatura superiore ad andamento poligonale. - Cm. 188 x 155.

Provenienza: dalla stessa Chiesa.

La composizione, ricchissima di personaggi, è divisa in senso orizzontale in due registri: in quello superiore troviamo a sinistra S. Nicola e S. Biagio, a destra S. Antonio Abate e dietro di lui poco visibile S. Lucia. In mezzo a queste due coppie di Santi, si vedono le anime del Purgatorio tra le fiamme, una delle quali sta per essere tratta in cielo da un angelo. Al centro del registro superiore, un’anima rappresentata sotto forma di fanciulla genuflessa con le mani incrociate sul petto, si presenta implorante a Cristo, seduto su un trono di nuvole e parzialmente avvolto in un rosso mantello. La Vergine, seduta accanto a Lui, è sul punto di incoronare con una ghirlanda di fiori l’anima che si presenta al giudizio, mentre con lo sguardo compiaciuto, sembra intercedere presso il Figlio. Alle spalle del Redentore, ma più in basso, le figure di S. Pietro e S.Paolo. A destra un’altra anima in procinto di essere giudicata e l’arcangelo Michele con la bilancia in mano, simbolo di giustizia ed equità, e lo scudo recante la scritta: "QVIS VT DEVS", chiudono questa scena. La scritta è la traduzione latina del nome ebraico di "Mìkhà’el"- chi come Dio ? – In alto due cherubini portano un diadema. Mentre tutti gli altri personaggi convergono con i loro atteggiamenti sulla scena del giudizio, l’unico a comunicare con l’osservatore è S. Antonio Abate che, leggermente ricurvo sulle spalle e poggiato al suo bastone a T, con l’aspetto di un vecchio saggio, sembra invitare a riflettere sul significato escatologico di quanto raffigurato. La presenza di questo Santo non è casuale, dal momento che, oltre ad essere invocato per la guarigione di alcune malattie corporali, egli è ritenuto il liberatore dal fuoco eterno per coloro che ricorrono al suo patrocinio.

La tela è probabilmente quella citata nel 1731 dal Cutrupia come "quatro dell’Anime del Purgatorio" posta su un altare della navata. Certamente vi si trovava da non molto tempo, dal momento che essa sembra inserirsi a pieno titolo in quella produzione locale che , a partire dagli ultimi anni del Seicento, apre la stagione più fiorente dell’arte barcellonese.

Bibliografia :G.CUTRUPIA, 1731, p.59; C.BIONDO, 1986, pp.54 e 180; A.BILARDO, 1997, p. 138; E. BAVASTRELLI– C.CERAOLO, 1997, p.55.

 L. Aloisio - M.R. Naselli

( tratto da Il Mosaico della Memoria: Pittura e Scultura a Barcellona fra Quattrocento e Seicento, - Messina: SICANIA - Edizioni GBM, 1998 )

 


Madonna del Rosario e Santi

IGNOTO (secolo XVII-XVIII)

Olio su tela rettangolare chiusa entro cornice lignea indorata con sagomatura superiore ad andamento poligonale. - Cm. 183 x 130

Provenienza: dalla stessa Chiesa.

La tela narra l’episodio del dono del Rosario fatto, secondo la tradizione, dalla Vergine a S. Domenico. Maria, che domina il registro superiore, protende il Bambino che è nell’atto di porgere il Rosario al Santo. Questi alza le mani per riceverlo, mentre alle sue spalle S. Caterina contempla la celeste visione con le braccia incrociate sul petto. Sia la Vergine che il Bambino hanno il capo coronato. In basso a destra, a mezzo busto, S. Pietro d’Alcantara, che sembra non partecipare alla scena, tiene un flagello e, portando una tavola a mo’ di croce con la scritta "O FELIX / POENITE / TIA.", punta lo sguardo direttamente sull’osservatore. Completano la composizione un angioletto in alto a sinistra e due cherubini ai piedi della Madonna.

A differenza degli altri dipinti di uguale soggetto, questo presenta una particolarità: il Rosario non è donato da Maria, ma dal Bambino stesso, quasi a significare che la salvezza degli uomini sta in Cristo e che essi possono raggiungerla tramite l’intercessione della Vergine. La chiave di lettura cristologica è confermata anche dalla costruzione geometrica del dipinto, che, sulla diagonale costruita dalle figure della Vergine e di S. Domenico, pone al centro proprio il Bambino.

Fra i dipinti oggi rimasti nella chiesa questo conserva ancora una sua impronta tardoseicentesca per la quale giocano un ruolo importante le reminiscenze di Giovan Battista Quagliata. Notevoli anche i tratti popolareschi, forse accentuati da antiche ridipinture.

Bibliografia : C. BIONDO, 1986, pp.54 e 180 ; A. BILARDO, 1997, p.138; E. BAVASTRELLI - C. CERAOLO ,1997, p.55

 L. Aloisio - M.R. Naselli

(tratto da Il Mosaico della Memoria: Pittura e Scultura a Barcellona fra Quattrocento e Seicento, - Messina: SICANIA - Edizioni GBM, 1998 )